Ogni comunita ha i suoi riti per la gestione del lutto.
A Boende (Equateur, RDC) forse e' considerato inaccettabile che un morto, per quanto morto di Ebola, sia trattato dal personale di una organizzazione umanitaria e riposto in un sacco e poi in un sarcofago. E poi chissa. La famiglia, i giovani del villaggio, sono capaci di rivendicare violentemente il loro diritto di celebrare il rito funebre secondo le proprie tradizioni, di elaborare il lutto a modo proprio.
Ora, queste tradizioni non e' chiaro a quando risalgano. Quanto siano tradizioni locali centenarie o che ruolo giochino le sette avventiste e simili. E' difficile comprendere, dall'esterno, perche coloro che accompagnano i cortei funebri sembrino a volte dei folli, quasi prendano un piacere vizioso nella celebrazione della morte, perche si siubriachino e si droghino. A me sembra che i funerali - piu' che i matrimoni, che non sono numerosi proprio perche costosi, e comunque evitabili, non come la morte - sono tra le poche occasioni, presso comunita povere, in cui non si puo badare alle spese, in cui una famiglia si deve arrangiare per onorare degnamente la memoria di chi e' appena partito. E quindi, per i convenuti, di approfittare di alcool servito in abbondanza e gratuitamente, in cui affondare tutte le disperazioni di una vita dura.
L'Ebola complica tutto. Tutto a un tratto il morto non si puo' piu' toccare, abbracciare. Gente vestita di bianco si occupa dei malati e dei sospetti. Coordinati spesso da gente di pelle bianca. E tutta la concitazione di occuparsi della malattia fa dimenticare forse di occuparsi di tutto il resto della comunita, di prepararla a gestire il lutto in modo appropriato per evitare nuovi contagi. E il sospetto che siano proprio quelli che vengono a curare a portare, infatti, la morte, lacera il delicato equilibrio tra i cittadini e un sistema sanitario drammaticamente debole...
A Boende (Equateur, RDC) forse e' considerato inaccettabile che un morto, per quanto morto di Ebola, sia trattato dal personale di una organizzazione umanitaria e riposto in un sacco e poi in un sarcofago. E poi chissa. La famiglia, i giovani del villaggio, sono capaci di rivendicare violentemente il loro diritto di celebrare il rito funebre secondo le proprie tradizioni, di elaborare il lutto a modo proprio.
Ora, queste tradizioni non e' chiaro a quando risalgano. Quanto siano tradizioni locali centenarie o che ruolo giochino le sette avventiste e simili. E' difficile comprendere, dall'esterno, perche coloro che accompagnano i cortei funebri sembrino a volte dei folli, quasi prendano un piacere vizioso nella celebrazione della morte, perche si siubriachino e si droghino. A me sembra che i funerali - piu' che i matrimoni, che non sono numerosi proprio perche costosi, e comunque evitabili, non come la morte - sono tra le poche occasioni, presso comunita povere, in cui non si puo badare alle spese, in cui una famiglia si deve arrangiare per onorare degnamente la memoria di chi e' appena partito. E quindi, per i convenuti, di approfittare di alcool servito in abbondanza e gratuitamente, in cui affondare tutte le disperazioni di una vita dura.
L'Ebola complica tutto. Tutto a un tratto il morto non si puo' piu' toccare, abbracciare. Gente vestita di bianco si occupa dei malati e dei sospetti. Coordinati spesso da gente di pelle bianca. E tutta la concitazione di occuparsi della malattia fa dimenticare forse di occuparsi di tutto il resto della comunita, di prepararla a gestire il lutto in modo appropriato per evitare nuovi contagi. E il sospetto che siano proprio quelli che vengono a curare a portare, infatti, la morte, lacera il delicato equilibrio tra i cittadini e un sistema sanitario drammaticamente debole...
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