La fabbrica dei capi del calcio

Questo, forse, è l'unico punto sul quale valga la pena spendere ancora qualche parola. Belloli sarà costretto ad andarsene, oppure lo cacceranno via tout court: c'è un verbale che lo inchioda, arrivederci e sotto a chi tocca. Ma il problema vero è che nulla e nessuno può garantire al calcio italiano che il successore non sia peggio di lui, considerando l'andazzo e i precedenti. Di Tavecchio si è già detto tutto, anche lui ha fatto la gavetta e la sua scalata è arrivata dov'è arrivata, alla poltronissima, malgrado le banane, i libri vergati e fatti comprare a decine di migliaia di copie dalla federazione di cui è presidente, le palazzine comprate a prezzi insensati coi soldi dei dilettanti, le gaffe (le chiamiamo così, ma perché siamo troppo buoni), le squalifiche Uefa, i conflitti di interesse sui campi e sulle luci artificiali, insomma, tutto. Degli altri si sa di meno, ma insomma qualcosa sì. Un presidente della Lega di A che lavora part time, essendo il suo primo incarico presso una banca; quello della Lega Pro finito sotto inchiesta e ora pure sotto squalifica (sportiva) per una avvilente storia di abusi, traffici e sotterfugi; i comitati regionali militarizzati dagli uomini di Tavecchio, con rimozione (recente, e passata in silenzio) di cinque dirigenti non di area, tra i quali l'unica donna; infine, l'illuminato pensatore che dal posto da cui dovrebbe rilanciare un movimento che solo in Italia è in queste condizioni miserabili (nessun incentivo, una diffusa ostilità dei club ad aprire le sezioni femminili, una perdurante e radicata ostilità delle famiglie verso un'attività considerata di genere), chiarisce bene cosa ne pensi davvero.
E' un elenco sommario, certo, e altrettanto certamente ingeneroso per le decine e decine di piccoli e medi dirigenti che invece spendono ore ed energie nel calcio, spinti solo dalla passione, spesso facendo gratis e al meglio il loro anonimo lavoro. A tutti questi va chiesto scusa, è vero, e va fatto in anticipo. Ma se lo spettacolo offerto da chi poi raggiunge le posizioni apicali è quello che stiamo vedendo, è ora davvero di porsi parecchie domande sul meccanismo di selezione della classe dirigente dello sport, una democrazia apparente (le cariche sono tutte elettive) spesso condizionata e violentata da logiche affaristiche, spartitorie, ricattatorie. Perché un capo impresentabile, poi, rende impresentabili tutti. Non facciamoli più, capi così. E' davvero impossibile pensare a una riforma?